A cura di Lorenzo D (Classe 5G – a.s. 2020/21)
“Nihil tam utile est ut in transitu prosit” (niente è utile da dare giovamento quando è di passaggio). Questa è una tipica sentenza senecana presente in una delle Epistulae ad Lucilium. In questa lettera all’amico, Seneca afferma come a suo parere bisogna dedicarsi alla lettura di pochi, ma validi libri. Secondo il filosofo di Cordova, il soffermarsi su troppe letture non può che rivelarsi controproducente, data l’impossibilità di carpirne appieno il messaggio, mentre, allo stesso tempo, questa pluralità di interessi può essere indizio di incostanza e volubilità, entrambi sintomi di un animo malato.
Personalmente non condivido appieno questa visione della lettura proposta dal poeta latino, anche se riconosco di avere alcuni punti in comune con la tesi di Seneca. Concentrarsi su una lettura d’alto calibro, analizzandola con metodo e cercando di coglierne tutte le sfumature, è sicuramente più proficuo di leggere in modo superficiale dei “libricini” di basso rango, ma questo non vuol dire che focalizzarsi solo su un numero esiguo di testi sia una scelta migliore rispetto a leggerne diversi, allargando i propri orizzonti.
In primo luogo, bisogna considerare le grandi differenze che corrono tra i nostri tempi e quelli di Seneca. Egli considerava di estrema importanza la qualità di quei pochi libri a cui dedicarsi. Oggi l’offerta letteraria è incredibilmente più ampia rispetto a quella del primo secolo e, statisticamente, è aumentato di gran lunga anche il numero di libri e autori “di qualità”. Di conseguenza abbiamo la possibilità di affrontare un gran numero di letture senza necessariamente essere costretti ad optare per testi di basso valore.
Inoltre, quanto spesso sentiamo le persone affermare di non essere attratte dalla lettura? Una sentenza a mio avviso troppo affrettata, ma analizziamo meglio questo fenomeno. Il problema non risiede certamente nell’atto del leggere in sé, azione fondamentale per la vita di tutti i giorni, quanto nell’ignoranza riguardo ciò che il panorama letterario ha da offrire. La maggior parte dei “non lettori” si è confrontata con pochi libri e ancor meno con la varietà dei generi letterari, arrendendosi alle prime esperienze di lettura sgradita. Esistono centinaia di generi differenti e una maggiore diversificazione delle letture può sicuramente aiutare a scoprire i propri gusti personali e ad avvicinare alla lettura.
Infine, è innegabile come ogni libro ti lasci dentro qualcosa di unico, a prescindere dalla sua presunta qualità. Ogni lettura concorre a scolpire più profondamente la tua individualità. Non a caso, Daniel Pennac in “Come un romanzo” annovera tra i diritti del lettore il “diritto di leggere qualsiasi cosa”. D’altro canto, fossilizzandosi su pochi libri si rischia di cristallizzare le proprie idee su binari già definiti e di privarsi della scoperta di nuove esperienze.
In conclusione, l’idea di Seneca di concentrarsi e trarre il massimo da pochi, ma buoni, libri ha sicuramente dei lati positivi anche se, in via definitiva, limitare in tal modo i propri orizzonti non può che rivelarsi controproducente, impedendoci di misurarci con opere di qualità, di sviluppare i nostri gusti e di scolpire la nostra individualità. Leggere difficilmente può dimostrarsi dannoso, dal momento che, citando di nuovo Pennac, (e qui sarebbe interessante conoscere l’opinione di Seneca, che aveva tanto a cuore il problema della mancanza di tempo) “Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere”.
Lorenzo D. , V G