Il 14 gennaio scorso la Redazione Attualità e Cultura ha avuto il piacere di conoscere e intervistare Nicolò Marinelli, un giovane studente, fondatore dell’Associazione “Il Glicine 118” che porta avanti progetti e iniziative che vedono protagonisti i giovani e le giovani del territorio. Riportiamo qui l’intervista.

Puoi parlarmi del tuo progetto? Come è nato? Attualmente state collaborando con altre scuole o comuni e che obiettivi avete raggiunto?

“Tutto parte dall’esperienza maturata a Scomodo, una rivista fatta da giovani che promuove un’informazione non mainstream in un luogo fisico e policulturale in via di Santa Croce in Gerusalemme, dotato di aula studio dove studenti e studentesse si incontrano per realizzare articoli, confrontarsi e dialogare. L’idea mi è venuta perché l’anno scorso ho partecipato a molte delle loro riunioni per la sistemazione di un giardino lì presente.

Un giorno torno a casa e mi chiedo: “Perché noi non possiamo fare una cosa simile, ma a Morena, nel luogo dove abito?”.

Mando un messaggio vocale ad un’amica mia e le dico tutto ciò che avevo in mente.

La sua risposta: “sì, facciamolo”

Da lì in poi abbiamo iniziato a metterci in gioco, a contattare i nostri amici e a creare qualcosa che prima non esisteva. Siamo riusciti a realizzare questo progetto, Progetto Glicine 118. Il nome ha un significato importante: il glicine è una pianta rampicante, e noi come la pianta ci arrampichiamo in questo stato di degrado per poi creare un fiore, per dare rinascita. 

Quello che diciamo sempre è che la cultura crea bellezza, solamente così si può dare una rigenerazione. 

Abbiamo tantissimi contatti con i vari municipi e stiamo iniziando ad avere rapporti con membri interni al Municipio di Ciampino.

La proposta che vogliamo avanzare è quella di cercare uno spazio pubblico per le varie associazioni a noi vicine (come per esempio Officine Civiche) dove realizzare un’aula studio, proiezioni di cinema, un luogo policulturale per le ragazz3. L’obiettivo è dunque quello di creare una rete sul territorio, per questo contattiamo anche le scuole: siamo partiti con il Volterra perché è la prima scuola più grande di prossimità con un elevato numero di ragazzi che abitano nelle zone limitrofe. 

Come associazione riteniamo che la periferia di Morena sia abbandonata a sé stessa e che sia carente di spazi pubblici, pensate che è presente solo un unico parco che non è neanche aperto tutto il giorno, e che noi come associazione ci occupiamo di tenere pulito.

Negli ultimi tempi ci stiamo concentrando sul progetto di recupero di un’edicola ormai abbandonata da molti anni, ci poniamo l’obiettivo di aprirla nuovamente e mantenerla come attività commerciale: i guadagni ricavati verranno utilizzati sia per pagare chi lavorerà all’interno dell’edicola sia per fini sociali. Inoltre di recente abbiamo istituito  un bookcrossing, un’esperienza  che pare stia avendo successo tra i cittadini e la cittadine. Per adesso, come vedete, Glicine non è una cosa precisa, è un’idea, rappresenta comunque la volontà di cambiare una situazione che è statica e lo è da molto tempo.”

“Prendersi cura del proprio quartiere significa prendersi cura della propria comunità”, quindi qual è per te il significato di comunità?

“Personalmente credo che il termine “comunità” sia inteso come un gruppo di persone che collaborano tra di loro e che abitano un luogo facendo delle scelte portate avanti all’unanimità: che sia inteso come un parco, che sia inteso come il luogo dove si abita, il proprio quartiere o il proprio comune. Ciampino può essere per alcuni versi un modello: ci sono persone e associazioni che creano comunità per attuare un cambiamento, e sono riusciti a fare molte cose per la città. A Morena invece in alcune zone i lampioni sono spenti, in un quartiere abitato da 35mila persone… e questa è solamente una delle piccole cose che accadono nel quartiere.”

Quali sono le difficoltà principali che incontrate nell’implementazione di queste iniziative e come pensate di affrontarle?

“La nostra difficoltà principale è la burocrazia. Dico così perché per ogni cosa deve esserci un autorizzazione, per pulire una strada si deve avvertire il municipio, si deve avvertire Ama per il ritiro dei rifiuti, si deve aspettare il sopralluogo di questo ente per poter procedere, e tanto altro.

La realizzazione di questi obiettivi la maggior parte delle volte viene ostacolata da queste regole che sono già presenti, che naturalmente si devono rispettare vivendo all’interno di una comunità.Tutto ciò però porta alla gravi ritardi: alla fine riusciamo a fare quello che vogliamo fare, ma rimane il fastidio di dover domandare un permesso per mesi e dover aspettare altrettanto per riceverlo.

Alcune difficoltà sono invece di tipo organizzativo: essendo molto giovani abbiamo i  nostri impegni quindi talvolta non siamo costanti nella partecipazione alle assemblee, oppure capita che dopo ore di riunioni non giungiamo ad alcuna decisione chiara, ma non importa: quello che conta è il dialogo e il confronto:il nostro progetto è fondato sulla democrazia. Siamo invece molto soddisfatti di come riusciamo a organizzarci e a dividerci i compiti: all’interno di Glicine si sono formate delle redazioni e ognuna di queste ha un obiettivo ben preciso a seconda delle competenze e delle possibilità di ognuno.”

 Avete già individuato luoghi specifici all’interno della città dove realizzare questi spazi?

“La nostra idea è di rivalutare i parchi già presenti, dare la possibilità ai nostri luoghi di rinascere. L’edicola di cui abbiamo già parlato ad esempio. Oppure l’unico parco pubblico che c’è, il parco posto in Via Scalea, poter organizzare attività ed eventi, quindi utilizzarlo al massimo.

Abbiamo sempre pensato che ogni spazio è fondamentale, ed un parco è in primis un luogo di ritrovo se ben attrezzato.”

Intendete coinvolgere ragazzi e studenti nella progettazione e gestione di questi spazi? Se sì, come?

“Certamente, tutti quanti hanno la possibilità di partecipare a tutto quello che noi facciamo: a un evento, a un’attività, all’organizzazione. Perché questa è la base della democrazia. Perché come io ho iniziato questo, lo può fare chiunque, qualsiasi altra persona.

Se hai la voglia, se ha l’interesse di cambiare, di creare un cambiamento, fallo, non ti ferma nessuno.

E sono il primo che lo va a dire agli altri. Siamo ragazze e ragazzi che hanno un’età tra i 15 e i 25 anni, siamo qua, e vogliamo attuare un cambiamento. Fare gruppo è una maniera per cominciare. Adesso non abbiamo pronte le possibilità per cambiare ma possiamo crearle anche sollecitando le istituzioni se vediamo che c’è qualcosa che non va.”

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