L’aborto resta, al giorno d’oggi, come uno tra i temi più caldi nei dibattiti nazionali e internazionali. In Italia l’interruzione della gravidanza venne ufficialmente resa illegale durante il ventennio fascista, tuttavia il reato rimase in vigore fino al 1975. Suscita un effetto strano pensare che ancora non sono passati cinquant’anni dall’istituzione della legge 194 del 22 Maggio 1978, la quale stabilisce il diritto all’aborto. Non si deve però cadere nell’illusione che nel nostro Paese, fino al ‘78, non fosse stato effettuato nessun aborto: molto spesso veniva praticato in cliniche illegali, che se da un lato rappresentavano un aiuto, dall’altro comportavano notevoli rischi sia a livello legale che di salute (in quanto non vi era nessuna tutela e garanzia dello Stato). La storia per il diritto all’aborto è una storia di rivoluzione: per quanto se ne fosse iniziato a parlare già dal ’68, lo scandalo che aprì il primo vero dialogo sul tema fu l’arresto nel 1975 di Gianfranco Spadaccia, Adele Faccio ed Emma Bonino, tre esponenti del Partito Radicale. Essi infatti si costituirono per aver fondato e diretto la CISA (o Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto), che si proponeva come alternativa più sicura rispetto alle cliniche clandestine.
Oriana Fallaci, proprio durante quell’anno che sancisce l’inizio di una nuova era per la storia italiana, decide di pubblicare il suo libro “Lettera ad un bambino mai nato”. La trama del romanzo si sviluppa con la narrazione di una donna, senza volto e senza nome, che un giorno scopre di essere rimasta incinta. Chi già conosce l’autrice probabilmente avrà capito che tipo di libro potrebbe essere: si tratta infatti di un racconto profondamente intimo e con forti spunti autobiografici. Il flusso di coscienza della Fallaci scorre rapido ma mai troppo veloce, un turbine di poco meno di un centinaio di pagine che travolge completamente il lettore. Il conflitto interiore della protagonista, ha un qualcosa che accomuna tutti, un’incertezza di fronte al dubbio con cui tutti noi possiamo empatizzare. Non a caso si tratta del capolavoro dell’autrice, un bestseller da più di 4 milioni e mezzo di copie vendute in tutto il mondo. Una scrittrice da una personalità così tormentata come la Fallaci, in questo libro tralascia le sue convinzioni politiche (almeno apparentemente), per concentrarsi sul rapporto profondo tra madre e figlio.
« Certo che siamo una ben strana coppia tu ed io. Tutto in te dipende da me e tutto in me dipende da te. Però io non posso comunicare con te e tu con me. Mai due sconosciuti uniti nello stesso corpo furono più sconosciuti e più lontani di noi. »
Questo non dovrebbe far pensare però che la lettura di questo libro sia riservata esclusivamente ad un pubblico femminile: esso è un’occasione imperdibile per connettere due mondi diversi, ma non incomunicabili. “Lettera a un bambino mai nato” è rivolto a tutti, anche perchè quale è il senso dei libri se non proprio farti immedesimare in un personaggio apparentemente lontano da te? È però degno di nota sottolineare che la pubblicazione di questo libro non è stata priva di scandalo: non tanto per le posizioni pro o anti abortiste, ma più che altro per la complessa e ambigua posizione dell’autrice, che prende la sua decisione ma, allo stesso tempo, lascia noi lettori liberi di schierarci.
Nel 2022 ci si potrebbe chiedere se sia ancora necessario una riflessione e un dialogo del genere e purtroppo i dati oggettivi lo lasciano intendere: infatti 7 ginecologi su 10 sono obiettori di coscienza, cioè rifiutano di praticare l’aborto medico per motivi ideologici. Nonostante le lotte e libri rivoluzionari come quello della Fallaci (e svariati altri), in molte regioni il diritto all’aborto non è garantino alle donne. Per questo è importante mantenere vivo il dibattito e assicurare la libertà individuale di scelta, a prescindere dalla decisione che ognuno di noi prenderebbe.
Ludovica III SINT